Cinque Mulini sempre africana

Cinque Mulini sempre africana

San Vittore Olona, 27 febbraio

Daniele Perboni

Dalla rivista Atletica Leggera n. 457

Aprile 2000

La copertina della rivista Atletica Leggera n. 457

I piedi sollevano polvere che lentamente svanisce e si deposita sulle scarpe. Lunghe strisce di carta bianca segnano il percorso. Qualche atleta che corricchia in attesa della partenza, qualcun altro esegue brevi esercizi di stretching. Tutto è pronto per questa edizione della Cinque Mulini. E la 68ª volta che qui a San vittore Olona preparano con grande amore questa gara, entrata nel cuore degli appassionati. Non si è mai fermata, neanche durante gli anni bui della guerra. Con una caparbietà ammirevole, gli uomini della San Vittorese si sono sempre impegnati in prima fila per non far morire la loro creatura. Qualcosa, però, stona un poco. Ci guardiamo attorno. In questo mix quasi perfetto manca un ingrediente fondamentale, che sin dagli esordi è stato uno dei vanti degli uomini dell’Olona: il pubblico.

Sì, da alcuni anni il grande pubblico ha tradito, si è defilato, ha abbandonato. Mancano pochi minuti alla partenza e solo una manciata di spettatori prendono posizione nei posti strategici del percorso. Giungiamo al mulino Meraviglia, poca gente, entriamo nel mulino Cozzi, identico spettacolo. Ci fermiamo ad ammirare un affresco del 1680 recentemente restaurato, la “Madonna delle rose”. Calma piatta. L’ambiente è meraviglioso. Respiriamo un’atmosfera d’altri tempi. Qualcuno, uno storico locale, ci spiega che presto nascerà un “Parco dei Mulini”, per preservare queste meraviglie che rischiano di scomparire.

Ritorniamo alla zona di partenza. È tutta nuova. Dopo 67 anni il vecchio Stadio è stato abbandonato («Sarà demolito. Al suo posto costruiranno un parcheggio», confida Angelo Ceriotti, il presidente dell’Unione Sportiva San Vittore Olona. Segno dei tempi…).Il luogo scelto è ampio. Confessiamo che al primo impatto abbiamo avuto qualche perplessità. Ma solo il tempo dirà se questa scelta è azzeccata. Vito Garofalo, organizzatore tosto e anima della Cinque Mulini, si dice fiducioso. «Dovevamo dare un segnale di cambiamento.

Quest’area, in parte comunale, ci è sembrata una degna cornice. È spaziosa, e permette una buona visuale. Poi non mi garbava vedere gli atleti attraversare la pista del centro sportivo. Questo è un cross vero, unico, quel tratto sul sintetico stonava. Abbiamo voluto lanciare una nuova sfida».

È questo il segreto: trovare sempre nuovi stimoli, nuove idee, nuovi programmi per cercare di rilanciare una manifestazione che la grande maratoneta norvegese Grete Andersen Waitz, che da queste parti si impose ben sei volte, definì “il Cross più bello del mondo“. Vero. Condividiamo.

È una sfida difficile, che gli organizzatori non possono affrontare da soli. La continua disaffezione verso questa specialità, da parte del pubblico e degli atleti, è un problema che deve coinvolgere tutto il movimento italiano nella sua globalità. Per il momento hanno lanciato un sasso nello stagno. Per il momento hanno avuto ragione. L’edizione 2000 è stata entusiasmante. Finalmente abbiamo assistito ad una sfida fra africani ed atleti azzurri, dove questi ultimi non hanno sfigurato. Anzi.

Prima la palermitana Agata Balsamo che ha resistito caparbiamente in testa sin dalle prime battute, cedendo solo nel finale ad una scatenata marocchina Asmae Leghzoui, ma davanti ad una Weiermann campionessa europea di Cross e prima lo scorso anno a San vittore. Poi ci hanno pensato Rachid Berardi e Giuliano Battocletti ad accendere le speranze. Certo, nessuno pensava che potessero uscire vincitori dalla sfida con Paul Tergat, il cinque volte campione del mondo di Cross, però sino alla fine, o quasi, li abbiamo visti baldanzosi e per nulla rinunciatari. Il successo, alla fine, è andato al giovane Charles Kamathi che già altre due volte in questo inizio di stagione aveva castigato il maestro.

Charles Kamathi, keniano di 20 anni, ha castigato il cinque volte campione del mondo Paul Tergat, vincendo la Cinque Mulini n. 68. (Foto Omar Bai)

Tergat, forse troppo rinunciatario nelle prime battute, si è arreso allo sprint imperioso del nuovo talento kenyano. «È giovane, determinato, ha grosse qualità – aveva detto di lui Tergat – con queste caratteristiche potrà ottenere molte soddisfazioni». Per ora ha rispettato i pronostici. Il futuro è suo.